Esistono tanti metodi di panificazione per far lievitare un impasto, ma uno dei più conosciuti insieme all’autolisi è quello con la biga, tecnica tipicamente italiana che conferisce al pane e alla pizza una migliore friabilità, profumi più intensi e una maggior durata. Un connubio di digeribilità e gusto, insomma.
Il segreto è nascosto nel nome: proprio come il famoso carretto dei romani, la biga traina l’impasto, migliorando il prodotto finale.
La preparazione della biga non è eccessivamente complicata, ma deve essere molto attenta e rigorosa. Bisogna avere bene in mente quali farine utilizzare, la percentuale di idratazione, quanto lavorare l’impasto, i tempi di fermentazione e così via.
Volete capire meglio cos’è la biga? La risposta potete trovarla qui. All’interno di questa guida spiegheremo in modo semplice ma completo, alla portata di tutti, il concetto di biga e come prepararla direttamente con le proprie mani.
Che cos’è la biga?
La biga è un impasto preliminare che si ottiene miscelando farina, acqua e lievito di birra e lasciando maturare la pasta per diverse ore. Ciò che ne risulta è un composto piuttosto asciutto che ha la caratteristica di conferire un’eccellente spinta alla lievitazione dell’impasto finale e che migliora il sapore del prodotto finito.
Da un punto di vista tecnico, si tratta di un metodo indiretto, ossia di un processo di lavorazione scandito in 2 fasi: la preparazione di un pre-impasto che viene lasciato fermentare prima di essere incorporato agli altri elementi (re-impasto). Si differenzia dal poolish principalmente per la quantità di acqua utilizzata (il poolish è più liquido).
La biga tradizionale – spiegata da Piergiorgio Giorilli, indiscusso maestro dell’arte bianca che ne ha codificato il metodo – ha delle caratteristiche determinate in modo preciso:
- Farina 00 o 0 con W maggiore di 300 e P/L (grado di estensibilità) che varia tra 0,5 e 0,6;
- Quantità di acqua pari al 44% del peso della farina;
- Percentuale di lievito dell’1%.
In base alle ore di maturazione, è possibile distinguere tra 2 diverse tipologie di bighe:
- Biga corta: 16 ore di fermentazione a 18-20 °C;
- Biga lunga: 48 ore di fermentazione, di cui 24 a 4-5 °C (all’interno di un apposito frigo chiamato cella fermabiga) e le restanti a 18-20°C.
Vantaggi della biga

I vantaggi della biga sono diversi: il suo plus innegabile riguarda la fermentazione lattica mediante la quale si producono acidi organici che garantiscono un’ottima alveolatura (distribuzione dei buchi nella pasta), sinonimo di gusto e leggerezza, e la massima esaltazione del gusto e del profumo.
Un altro pregio è la rapidità di fermentazione, che contribuisce a rendere il prodotto finale più croccante e saporito. Risulta anche più digeribile perché la lunga fermentazione permette di usare pochissimo lievito.
Va inoltre ricordato che la biga, grazie alla sua acidità, ostacola lo sviluppo di alcuni microrganismi contaminanti e quindi è conservabile più a lungo.
Oltre a ciò, il pane impastato con la biga ha un vantaggio molto apprezzato: favorisce il mantenimento dei nutrienti presenti nella farina anche dopo la cottura.
Con la biga si ottengono prodotti finiti con alveoli grossi, perciò questo preimpasto è particolarmente indicato per la pizza in teglia e alla pala, per la focaccia e per i pani con mollica morbida, soffice e aromatica.
Non è invece adatto alla pizza napoletana, che prevede un metodo di preparazione a sé stante.
Come deve essere la biga?
È doveroso precisare che si possono realizzare bighe utilizzando farine di diversa forza e grado di equilibrio tra la tenacità ed estensibilità del glutine, ma ciò che hanno in comune tutti i tipi di bighe è l’importanza di un impasto breve: è sufficiente, infatti, che la farina assorba tutta l’acqua così da evitare la formazione di grumi.
Una biga fatta a regola d’arte deve avere una consistenza grezza, con la maglia glutinica non ancora formata e una temperatura finale di 20-21 °C. Un prolungato impastamento rischia di farla maturare prima del dovuto, facendole acquisire un caratteristico odore acido che rovina il prodotto lievitato finale.
La biga maturata al punto giusto è soffice, un po’ gonfia e ha un profumo che ricorda quello dello yogurt.
Un altro presupposto affinché la maturazione avvenga in modo lento e graduale è che l’idratazione sia minima, vicina a quella necessaria per arrivare ad una consistenza fissa di 500 Unità Brabender (U.B.), ma inferiore ad essa.
In breve, è sufficiente che tutta la farina sia idratata, senza spingersi oltre, altrimenti si va incontro ad una maturazione anticipata, con tutte le conseguenze del caso.
Nella ricetta della biga, l’impiego di farine forti è necessario per mantenere un rapporto di equilibrio tra resistenza ed elasticità, così da sostenere i lunghi tempi di fermentazione.
Leggi anche → Forza della farina: cos’è, classificazione e uso nelle ricette
Altri tipi di biga

Come già accennato, i parametri riguardanti dosi e tempi possono variare in funzione di fattori quali umidità ambientale, tipo di farina, temperatura e utilizzo. È naturale che maggiori sono la quantità d’acqua e la temperatura ambientale, minori saranno i tempi di riposo. Questo perché la velocità di fermentazione è direttamente proporzionale all’idratazione.
È quindi possibile realizzare pre-impasti con farine diverse da quella suggerita da Giorilli, la cui biga è stata introdotta per migliorare la struttura, il sapore e la durata del lievitato in tempi in cui le farine erano poche e avevano tutte le stesse proprietà reologiche.
Oggi, grazie alla qualità e alla varietà delle materie prime, tali caratteristiche sono ottenibili persino da un impasto diretto, nel quale tutti gli ingredienti vengono impastati in un’unica fase, mentre la biga può tornare utile in particolari preparazioni, ma questo lo vedremo più avanti.
Volendo si può anche fare la biga con la farina integrale, ma è importante tenere in considerazione che, essendo ricca di crusca, ha un assorbimento maggiore rispetto alla farina raffinata, pertanto vi consigliamo di aumentare la percentuale di idratazione fino al 50%.
È bene ricordare che, in questo modo, la maturazione sarà più veloce e quindi il pre-impasto sarà pronto prima.
In sostanza, quando si parla di biga ciò che conta è il risultato finale che, ricapitolando, deve avere le seguenti caratteristiche:
- Leggero gonfiore ma un aumento di volume minimo, che denota la mancanza di formazione del glutine;
- Profumo che assomiglia a quello dello yogurt;
- Avvicinando l’orecchio si sente “frizzare”;
- pH tra 5,2 e 5,7 (misurabile con un pH-metro).
Come impastare la biga
Prima di spiegare come si fa la biga, è importante fare una precisazione. Per ottenere un’ottima biga è consigliato l’uso dell’impastatrice a spirale, soprattutto con inversione di marcia, ma si può fare anche a mani nude così come con una, sempre più presente nelle cucine degli italiani, planetaria.
L’importante infatti è tenere sotto controllo la temperatura dell’acqua. Questa di solito si calcola con la regola del 55:
55 (coefficiente fisso) – (Temperatura della farina – Temperatura Ambiente)
Ad esempio, se la temperatura della farina è di 18 °C e quella dell’ambiente è di 20 °C, il calcolo da fare per ottenere i gradi che dovrebbe avere l’acqua è il seguente: 55 – (18+20) = 17.
In sostanza, la temperatura ottimale dell’acqua sarà di 17 °C.
Come si prepara la biga

Vediamo ora come si prepara la biga in modo corretto. Per prima cosa pesate gli ingredienti, ricordando che acqua e lievito devono essere, rispettivamente, il 44% e l’1% del peso della farina (quindi per un kg di farina ci vorranno 440 g d’acqua e 10 g di lievito).
Poi sciogliete il lievito nell’acqua, perché il breve impastamento non ne permette un assorbimento ottimale. Fatto ciò, su un pianale sufficientemente grande unite tutti gli ingredienti e impastate il più velocemente possibile fino a quando la farina non risulterà tutta idratata, pur lasciando che l’impasto abbia una consistenza ancora grezza, ma priva di grumi.
L’accortezza fondamentale nella preparazione della biga è di non lavorarla troppo, altrimenti c’è il rischio che maturi troppo in fretta e rilasci umidità, causando il collasso dei prodotti finiti.
Una volta ottenuta la vostra biga, dovete lasciarla fermentare all’interno di un contenitore a chiusura ermetica oppure in una ciotola coperta con un canovaccio o con la pellicola trasparente.
Poiché il buon esito del processo di fermentazione dipende dalla temperatura presente nell’ambiente in cui si lascia maturare l’impasto, abbiate cura di riporre il contenitore in un luogo idoneo che consenta di mantenere la biga ad una temperatura ideale.
Un luogo, per esempio, come il cosiddetto “fermabiga”, celle concepite per inibire il processo di fermentazione della pasta attraverso la stabilizzazione della temperatura e dell’umidità.
Trascorso il tempo di maturazione, unite la biga al resto degli ingredienti della ricetta scelta. Essendo un impasto duro, difficile da amalgamare a mano, il modo migliore per scioglierlo nell’impasto finale è spezzandolo con farine più deboli e sfruttando i movimenti meccanici di una planetaria o un’impastatrice.
La quantità di biga da mettere nell’impasto dipende dal tipo di prodotto che volete ottenere: per la pizza classica i migliori risultati si ottengono con percentuali di biga tra il 15 e il 30%, mentre per gli impasti ad alta idratazione si può raggiungere anche il 100%.
Tenete presente che più alta è la percentuale di biga minori dovranno essere i tempi di lievitazione, altrimenti rischiate di trovarvi con un impasto scarico. Quindi fate molta attenzione perché più biga userete, più difficile sarà la gestione della stesura.
Vi consigliamo di iniziare con una proporzione biga/prodotto finale di 1:3. Ad esempio, se decidete di impastare 1 kg di farina dovrete usare:
- 330 g di farina per la biga, cioè 1000 : 3
- 440 g di acqua per la biga, cioè 1000 x 44%
- 10 g di lievito per la biga, cioè 1000 x 1%.
Qual è la differenza con il lievito madre?

Per quanto simili sotto molti aspetti, la biga con il lievito madre non ha nulla a che vedere. Il lievito madre, infatti, è un lievito naturale che si impiega in sostituzione di quello di birra per la preparazione del pane e della pizza. Quindi la prima differenza sta negli ingredienti che, nel caso del lievito madre, consistono solo in acqua e farina.
Alcune caratteristiche, come lo sviluppo di batteri che aumentano l’assorbimento delle sostanze nutritive e migliorano la conservabilità, si ravvisano in entrambi gli impasti. Ma mentre la biga beneficia in maniera consistente sia della fermentazione alcolica sia di quella lattica, nel lievito madre la fermentazione alcolica è presente in misura inferiore.
Infine, quello della biga è un processo molto meno laborioso e più facilmente standardizzabile: ricordiamo che per produrre il lievito madre occorrono dai 7 ai 10 giorni nei quali è necessario operare una serie di rinfreschi giornalieri per arrivare a stabilizzare il lievito.
Considerazioni finali
Per preparare una biga perfetta la temperatura è di fondamentale importanza, pertanto tale metodo di panificazione è consigliabile solo se si ha la possibilità di riporre il pre-impasto in un ambiente adatto alla maturazione. Anche una cattiva gestione dell’impasto (ad esempio, una prolungata lavorazione o tempi di riposo troppo lunghi) possono compromettere la qualità del lievitato.
Il nostro consiglio per fare un’ottima biga è di provare e riprovare, tenendo sotto controllo temperatura e processi di fermentazione, in modo da evitare di rimanere delusi.
salve, volevo sapere, ma per quantità di utilizzo della biga (15/30%) si intende sul peso dell impasto o sul peso della farina da usare per l impasto? grazie in anticipo
Si intende sul peso dell’impasto 🙂